“Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?” Così il profeta Isaia al capitolo 43 versetti 18 e 19. E San Giovanni in Apocalisse 21, 4 e 5 conferma: “E tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate. E colui che sedeva sul trono disse: Ecco, io faccio nuove tutte le cose”. Versetti biblici che devono essere per noi fonte di vera gioia, così come il tema dell’anno ci invita a fare, e danno profondo significato al titolo scelto per il nostro convenire in assemblea.
Questo documento prende le mosse dall’Esortazione apostolica Evangelii Gaudium, e in particolare dai quattro binomi proposti da papa Francesco ai numeri 222-237.
La realtà è più importante dell’idea
Il tempo è superiore allo spazio
Il tutto è superiore alla parte
L’unità prevale sul conflitto.
L’Azione cattolica italiana in questo triennio ha voluto rispondere all’invito rivolto dal papa a tutta la Chiesa italiana al convegno di Firenze e ha dedicato i suoi convegni nazionali delle presidenze, a tre dei binomi su elencati insistendo su una visione di speranza gioiosa che dia senso alla storia del nostro tempo. Così la realtà sorprende, il tutto abbraccia, il tempo libera.
L’altro filone da seguire è costituito dai quattro pilastri che devono sorreggere il nostro operato in seno all’associazione.
Spiritualità
Formazione
Presenza sul territorio
Gioia di stare insieme
Il filo rosso che dobbiamo seguire è il “ci impegniamo” che ci viene chiesto, la scelta concreta per le nostre associazioni territoriali di base da vivere e da mettere in pratica nei prossimi anni. Un impegno personale e di tutta l’associazione, con la consapevolezza che
– la nostra eventuale mancanza di partecipazione crea un vuoto non colmabile;
– il nostro servizio è del tutto gratuito;
– i nostri percorsi formativi devono essere calati nelle nostre realtà e accompagnati da gesti concreti;
– la voglia di fare si deve necessariamente confrontare con le forze disponibili, per cui è indispensabile la scelta dell’essenziale.
REALTÀ E IDEA. ATTENTI AL CONTESTO
In questo primo punto della nostra riflessione ci viene richiesta la conoscenza del nostro territorio abitato dalle famiglie, dalle comunità ecclesiali e civili. L’Azione cattolica vuole essere presente dove la gente vive, dove lavora, soffre e ama. Non vicini, ma “prossimo” nel senso evangelico. Vogliamo ribadire qui la scelta della parrocchia, il luogo dove il Signore pone la sua tenda in mezzo alle case degli uomini, non per chiuderci nelle questioni pastorali o per aspettare a braccia conserte che gli altri vengano a trovarci, ma per vivere autenticamente l’esperienza dell’ apertura, della familiarità, della condivisione. Una sottolineatura particolare va data alla città, luogo per eccellenza della socialità, dove l’io, il tu, il noi, l’Altro si incontrano e si scontrano. Tre immagini bibliche ci sembrano significative:
– Caino fondatore di città: bene e male si mescolano e crescono insieme e le differenze convivono.
– Babele, la città dove le differenze si sono scontrate e separate perché lo Spirito potesse riunirle e integrarle.
– Gesù sulle strade della Palestina, viandante appassionato per portare il Regno.
Conoscere la nostra realtà vuol dire rispondere a domande vere, non a domande che non si pongono. La dimensione della missionarietà è quella della Chiesa in uscita, dell’abitare: il Signore non ha detto ai discepoli di andare qui, o là o in un posto preciso, ha detto semplicemente “Andate”. Il nostro impegno concreto passa inevitabilmente dalla nostra capacità di costruire relazioni vere e durature con chi vive accanto a noi in ogni ambiente; nel “tessere legami di bene da mettere a disposizione, con libertà e gratuità, per l’edificazione della comunità cristiana e di quella civile” (Franco Miano, Segno n. 3/4, Marzo /Aprile 2016).
Il modo corretto di interpretare il binomio realtà – idea presenta una duplice sfaccettatura: da una parte la concretezza, lo stare coi piedi per terra rendendosi conto delle difficoltà; dall’altra la consapevolezza che non dobbiamo lasciarci risucchiare dallo scoraggiamento e dalla rassegnazione, da frasi tipo “purtroppo la realtà è questa”. Invece ci sono più sorprese di quanto possiamo immaginare, e le sorprese più belle vengono da parte di Dio che fa sempre il primo passo per avvicinarsi ad ogni uomo.
TEMPO E SPAZIO. I PROCESSI
Il binomio tempo – spazio è fondamentale nel ragionamento di papa Francesco, che più volte lo ricorda in ogni suo intervento. Ci è chiesto di generare processi, di seminare idee nuove per far germogliare il cambiamento che il Santo Padre vuole per la Chiesa. Non dobbiamo però avere l’ossessione del risultato da vedere subito ed a ogni costo. “Voglio tutto adesso” non è parola per noi. Negli orientamenti triennali, nell’icona biblica del seminatore, il nostro compianto Mons. Mansueto Bianchi sottolineava l’unico impegno che ci compete, che è quello di seminare senza guardare tempo e stagione: i tempi del raccolto potranno essere più o meno lunghi e potrebbero toccare ad altri. Questo non deve scoraggiarci o farci desistere. Il nostro impegno concreto: “… riconoscere e coltivare con cura il terreno in cui lasciar cadere il seme del Vangelo: un seme che deve fecondare tutte le dimensioni della nostra vita; un seme ricevuto e coltivato in forma comunitaria e condivisa, non autoreferenziale; un seme che ha i suoi tempi di attecchimento e di sviluppo, in cui la pazienza non è mai passività e l’impazienza è nemica della misericordia; un seme che merita una cura attenta e responsabile alla quale la vita associativa non può essere estranea” (Luigi Alici, Segno n. 5 Maggio 2016). Liberare il tempo significa per noi innescare processi e prenderci cura di essi perché vadano avanti. Due le direzioni da seguire in questo processo.
– La formazione di laici credenti e maturi pronti ad assumere responsabilità. Ogni tempo ha bisogno dei suoi laici: siamo pronti? siamo all’altezza? che tipo di laici siamo? “… cristiani che si conoscono, che si vogliono bene, che lavorano assieme nel nome del Signore, che sono amici … uomini e donne che lavorano in tutte le diocesi, giovani, adulti e ragazzi … che in tutta la Chiesa italiana, con concordia, con uno spirito comune, veramente essendo sempre più un cuor solo e un’anima sola, cercano di servire la Chiesa.” Questa la risposta di un altro nostro grande Presidente nazionale,Vittorio Bachelet. Questo è quello che dobbiamo essere agli occhi di chi ci guarda: facilitatori di dialogo, elementi di cucitura, costruttori di ponti, tessitori di legami. La strada maestra per maturare l’impegno al servizio come dono di sé che porta ricchezza di vita è senz’altro l’approfondimento del nostro progetto formativo. Il capitolo 2 ci invita alla sequela del Maestro e a riconoscerne il volto nei volti di chi ci sta accanto; il capitolo 3 ci aiuta a calarci nella dimensione quotidiana di questo nostro tempo che cambia rapidamente e che costituisce il terreno in cui dobbiamo lavorare come operai della vigna del Signore.
– La seconda direzione è data dalla cura della spiritualità. Nello stesso articolo prima citato, Franco Miano parla di una accelerazione spirituale, un di più segnato dalla volontà di accogliere tutta la vita che ci è data rileggendola con gli occhi della fede e sostenuto da un senso nuovo dell’affidarsi attraversando il mare aperto con le poche certezze della fede, grati per le meraviglie operate da Dio nel mondo, capaci di amore per i fratelli.
Il nostro progetto formativo, al capitolo 4 si occupa di fornire i criteri per la cura della interiorità. Il punto di partenza è la familiarità con la Parola di Dio da cui prende origine l’esercizio di discernimento che dobbiamo fare. Dobbiamo avere fame della Parola “Quando le tue parole mi vennero incontro io le divorai con avidità; la tua parola fu la gioia e la letizia del mio cuore, perché io portavo il tuo nome, Signore Dio degli eserciti” (Geremia 15, 16). Il nostro impegno concreto è allora quello di prenderci gusto, di ricominciare a nutrirci di un alimento fondamentale, di un cibo solido e nutriente: per noi è finito il tempo del latticello e delle pappine.
TUTTO E PARTE. L’ASSOCIAZIONE
Un’altra accelerazione da imprimere al nostro cammino è quella culturale, un di più di senso storico e di impegno di trasformazione di questa realtà. Un po’ più di testimonianza nella sempre rinnovata tensione a rendere vita le parole della fede.
L’Azione cattolica è inserita a pieno titolo nella Chiesa contribuendo a formare l’immagine del poliedro che con le sue numerose facce compone l’armonia dei diversi. La sfera, con la sua superficie uniforme è simbolo di omologazione; il poliedro, invece, con le sue mille sfaccettature, lo giri e lo tocchi e a ogni faccia c’è una sorpresa nuova. La particolare sottolineatura che la nostra associazione vuole dare a questo binomio, quella dell’abbracciarsi vicendevolmente, ci conferma sempre più nella nostra condizione di “figli” con un compito ben preciso all’interno della Chiesa, e ci impegna ad aprirci sempre più verso gli altri, con le braccia aperte in atteggiamento di accoglienza. Un aspetto importante di questo ambito è la pietà popolare: il popolo di Dio è molto più ampio dei piccoli gruppi che frequentano le nostre Chiese. La maggior parte di quelli che si dicono credenti sono fuori. Si apre qui per noi un grande spazio di iniziativa. Pensiamo alle feste popolari così frequenti e sentite nel nostro territorio, prendiamocene cura, seguendo anche gli orientamenti pastorali diocesani, “La gioia di annunciare il Vangelo” a noi consegnati dal Vescovo nell’ottobre scorso. Il nostro impegno concreto si traduce in un atteggiamento di accoglienza, in abbracci da ricevere e da dare: dell’associazione alle comunità parrocchiali; delle ATB tra loro, soprattutto quelle che ricadono su uno stesso territorio o che hanno, e questa è una cosa che accadrà sempre più spesso, lo stesso sacerdote come parroco. Una sottolineatura particolare al nostro ruolo e compito all’interno della società civile: dobbiamo essere sempre più capaci e preparati per occuparci, come è nostro compito di cittadini credenti, della società in cui viviamo.
Unità E CONFLITTO. LE ALLEANZE
Anche riguardo a questo binomio sono diverse le piste da seguire, da cercare e creare a vari livelli: all’interno delle comunità parrocchiali, tra associazioni dello stesso territorio, con gli altri gruppi e movimenti presenti in diocesi, con le autorità civili per una maggiore presenza sul territorio. Mettiamo qui in gioco la nostra capacità di sanare fratture, di curare ferite. Veniamo da un anno santo in cui abbiamo sperimentato la misericordia; il nostro impegno deve essere quello di curare sempre più e meglio relazioni personali che devono essere sincere e profonde e mai con secondi fini.
Ma la riflessione deve essere ancora più ampia, e interessare il capitolo delle alleanze. Ciò vuol dire che siamo chiamati ad allargare i nostri confini e a mettere a disposizione della crescita comunitaria idee, competenze, capacità, senza chiusure e gelosie; senza custodire e coltivare in segreto un orticello privato. Vogliamo qui ribadire ancora una volta la nostra scelta della parrocchia come ambito privilegiato del nostro impegno. Dobbiamo sempre ricordare che il nostro territorio è costellato da parrocchie che sono ancora veramente il centro della vita delle comunità, che le nostre belle chiese si affacciano sulle piazze e costituiscono quindi un osservatorio privilegiato per i problemi e i bisogni spirituali e materiali di ogni persona. Lavorare insieme è per la crescita di tutti, non soltanto all’interno della Chiesa: dobbiamo uscire fuori nelle piazze, perché occuparsi del territorio vuol dire vita civile, partecipazione, rispetto delle regole, politica, economia, cura del creato, rispetto dell’ambiente, attenzione alla povertà sempre più diffusa e accoglienza dei migranti. Significa anche dire una nostra parola originale nel confronto con le amministrazioni locali per rifare da credenti inquieti, per ricordare il titolo del libro del nostro presidente Matteo Truffelli, il tessuto sociale dei nostri territori. Tutto questo che abbiamo detto è il nostro impegno concreto, e ringraziamo qui le parrocchie che hanno già cominciato a lavorare in questo senso.
Questo mettersi al servizio, questo essere propositivi, questa disponibilità al lavoro comune e disinteressato è per noi la Gioia di stare insieme. Rallegratevi ed esultate è il nostro tema dell’anno. Siamo chiamati a rivedere il nostro concetto di gioia capovolgendo la prospettiva secondo lo schema delle Beatitudini. Il numero 4 della EG ci presenta una serie di riferimenti biblici alla gioia che devono costituire per noi motivo di meditazione profonda. Mettiamoci sotto lo sguardo di Maria che col Magnificat ci insegna il modo giusto di gioire nel Signore. La gioia non è mai disgiunta dalla fatica, ma non lasciamoci scoraggiare: siamo chiamati a non calcare troppo la mano sulle difficoltà che incontriamo nel nostro impegno. E’ vero, le beatitudini sono un programma impegnativo, un vero cambiamento rivoluzionario che abbiamo timore di realizzare e spesso siamo tentati di rispondere come gli apostoli: abbiamo pescato tutta la notte e non abbiamo più voglia di gettare ancora le reti. Accettiamo la sfida, proviamo a fare le cose in maniera nuova e diversa. Come dice Matteo Truffelli nel suo libro sopra richiamato, il rinnovamento è anche nel gettare le reti dall’altro lato della barca. Gesù ci rassicura: “Il mio giogo è leggero”. Niente paura dunque: siamo convinti che si riceve sempre più di quello che si da’. Il nostro servizio gratuito riesce a restituire solo in parte tutto quello che abbiamo abbondantemente ricevuto. Queste le parole di ringraziamento di una nostra presidente che lascia l’incarico dopo il secondo mandato: “L’Azione cattolica mi ha dato tanto, mi ha fatto crescere nel mio cammino di fede, mi ha permesso di andare sempre oltre nella vita di tutti i giorni e vedere tutto sotto una luce diversa, la luce che viene da Gesù. Rispetto a quanto ho ricevuto, io ho dato poco. Il mio impegno è certo, oggi credo di non poter stare fuori dall’associazione”. Anche questa è vera gioia.