La riforma costituzionale: focus sui contenuti – 1

di Umberto Ronga

Una premessa. Questo non è un contributo a favore o contro la riforma costituzionale; né, tanto meno, è un saggio scientifico. Questo, piuttosto, è un modo per entrare, in punta di piedi, nel vorticoso dibattito in corso sul tema, per offrire un approfondimento di tipo diverso, a cominciare dai toni. Un tentativo di questo tipo origina da una precisa scelta di metodo dell’associazione, a partire dalla quale chi scrive ha voluto disciplinarsi: (provare a) rendere un servizio in termini di riflessione quanto più lineare e obiettivo, confinando l’articolo a una descrizione dei contenuti, almeno di quelli principali, della riforma.
Pertanto, è sinora dichiarato, prima ancora che evidente, il limite (di contenuto) della riflessione, connaturato alla citata scelta (di metodo): il tratto prevalentemente descrittivo della stessa. Ma, in questa sede, tale limite è accolto consapevolmente, per (cercare di) non incorrere nel rischio di incedere nell’argomentazione a favore di questa o di quella tesi, così finendo per sacrificare l’intendimento – quella scelta di metodo – da cui essa muove. Ciò con l’auspicio di creare qualche condizione ulteriore per un discernimento libero del lettore, in vista di quella straordinaria occasione di partecipazione – cui ciascun cittadino è chiamato consapevolmente e responsabilmente – costituita dal referendum costituzionale del prossimo ottobre.

L’approdo. Il 15 aprile del 2016 è stato pubblicato in «Gazzetta ufficiale» il testo di legge costituzionale recante Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione, approvato da Camera e Senato, in seconda deliberazione, a maggioranza assoluta, a esito del procedimento parlamentare aggravato sancito dall’art. 138 della Costituzione.
Dunque, sono molteplici, e di rimarchevole rilievo, i temi interessati dal testo di riforma; su di essi, in chiave critica, è concentrata da lunghissimo tempo l’attenzione del dibattito pubblico, sia in sede istituzionale, su alcuni profili sin dall’Assemblea costituente, sia in sede scientifica.

Superamento del bicameralismo eguale. Preliminarmente, occorre chiarire un equivoco frequente: il testo di riforma non interviene sull’articolazione del Parlamento in Camera dei deputati e Senato della Repubblica, pertanto il Parlamento della Repubblica italiana conserva la sua composizione bicamerale. Sono invece coinvolte, e in modo decisivo, composizione e funzioni del Senato: questo, infatti, si prefigura – in una ridotta composizione da 315 a 95 senatori, ai quali si aggiungono gli ex presidenti della Repubblica e i cinque senatori di nomina presidenziale per sette anni –, quale organo rappresentativo delle realtà territoriali. A tal fine, è previsto che i senatori siano eletti dai consigli regionali, in modo conforme alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri, nell’ambito delle elezioni per il rinnovo degli organi regionali, tra i consiglieri regionali e i sindaci del territorio. Va chiarito che, almeno allo stato attuale, non appare prevedibile, almeno in modo chiaro, come, in concreto, potrà funzionare il meccanismo della proiezione indiretta della dimensione regionale e locale, dunque delle modalità di designazione dei rispettivi rappresentanti, nella sede di Palazzo Madama, oltre che il modo in cui sarà assicurato un raccordo con il sistema delle conferenze interistituzionali tra Stato, regioni ed enti locali (quanto al citato profilo della designazione, si intende considerare soprattutto quello in sede di seconda applicazione, in quanto al netto di una previsione transitoria, utile a regolare la prima applicazione, il testo di riforma opera un rinvio alla legislazione elettorale).
In tale ambito, tra i profili di maggior rilievo rientra sicuramente la fuoriuscita del Senato dal circuito fiduciario. Mentre resta invariata la composizione della Camera dei deputati, la quale, eletta direttamente del corpo elettorale, rappresenta la nazione (art. 67 Cost.) e resta unico titolare del rapporto fiduciario con il governo (art. 94 Cost.); pertanto, accordando e revocando la fiducia, sarà soltanto la Camera a partecipare all’indirizzo politico, nonché all’esercizio delle attività di controllo sull’operato del governo.
In considerazione del superamento della omologazione delle competenze tra Camera e Senato, viene creato un modello, che si diversifica funzionalmente in un articolato disporsi di procedimenti parlamentari, di partecipazione del Senato all’attività legislativa.

Procedimento legislativo. Come anticipato, la differenziazione tra Camera e Senato ha prodotto una significativa articolazione, a partecipazione obbligata o eventuale, del nuovo Senato nei procedimenti legislativi. Nel suo complesso, il procedimento legislativo si articolerebbe in tre principali procedimenti: un primo di tipo bicamerale (Camera e Senato); un secondo di tipo monocamerale (prevale la Camera); un terzo relativo alla cd. «clausola di supremazia» (prevale la Camera con quorum rafforzato).
Quanto al primo procedimento, è il testo di riforma a prevedere un novero di leggi destinate alla deliberazione bicamerale di Camera e Senato. Queste leggi, che godono di un contenuto proprio, essendo tipizzate quali fonti di produzione di una specifica normativa, possono essere sottoposte a modifica, deroga o abrogazione in forma espressa, a seguito del procedimento in sede bicamerale. Si tratta, specificamente, di: leggi di revisione della Costituzione; leggi costituzionali; leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali in materia di tutela delle minoranze linguistiche, referendum popolari e forme di consultazione (art. 71 Cost.); leggi sulla definizione di ordinamento giuridico, leggi elettorali, organi di governo, funzioni fondamentali di comuni e città metropolitane (e, in tale ambito, leggi sulle modalità di associazione dei comuni); legge che definisce norme generali e modalità di partecipazione dell’Italia alla formazione e alla attuazione della normativa europea e delle rispettive politiche; legge sui casi di incompatibilità e ineleggibilità con l’ufficio di senatore (art. 65 Cost.); legge elettorale – snodo delicato, sopra evidenziato – su modalità di distribuzione dei seggi, elezione dei componenti del Senato tra i consiglieri e i sindaci, e sostituzione dei componenti del Senato a seguito della cessazione dalla carica elettiva regionale o locale; leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati relativi all’appartenenza dell’Italia all’Unione europea; legge sulla disciplina dell’ordinamento di Roma capitale; leggi finalizzate al riconoscimento di ulteriori condizioni di autonomia per le Regioni ordinarie (art. 116, c. 3, Cost.); legge sull’esercizio del potere sostitutivo dello Stato nei confronti di regioni, comuni e città metropolitane (artt. 117, c. 5, e 129, c. 2, Cost.); legge volta a regolare i casi e le forme in cui le regioni possono concludere accordi con altri Stati e intese con enti territoriali interni ad altri Stati; legge che definisce i principi generali del patrimonio di comuni, città metropolitane e regioni; legge recante i principi fondamentali del sistema di elezione, oltre che dei casi di ineleggibilità e di incompatibilità, del presidente della giunta regionale, dei membri della giunta e dei consiglieri regionali, e che definisce durata ed emolumenti degli organi elettivi, e che stabilisce i principi fondamentali per promuovere l’equilibrio di genere tra donne e uomini nella rappresentanza; la legge che prevede l’ipotesi del distacco dei comuni da una regione.
Quanto al secondo procedimento, esso assume un carattere tecnicamente residuale, dacché si ricorre a esso per tutte quelle leggi diverse da quelle oggetto del procedimento bicamerale (anche se sarà quello quantitativamente più forte). In tale procedimento, la Camera assume un ruolo sicuramente dominante e determinante, benché, a ben vedere, non esclusivo. Infatti, il Senato ha comunque la possibilità di esaminare le leggi oggetto di tale procedimento nel caso in cui lo richieda un terzo dei suoi componenti, entro dieci giorni dalla trasmissione delle leggi da parte della Camera. In tal senso, il Senato gode anche, entro i successivi trenta giorni, del potere di proporre emendamenti. Ma è soltanto la Camera a decidere come deliberare in via definitiva su tali proposte, dunque anche disattendendo il contributo del Senato.
Il nuovo circuito decisionale assume profili peculiari, quanto al rapporto Camera-Senato, per le leggi di bilancio e di approvazione del rendiconto consuntivo (art. 81, c. 4, Cost.): infatti, in questi casi, le proposte di modifica da parte del Senato, a cui quelle leggi vanno in automatico, devono essere approvate entro quindici giorni dalla trasmissione del testo da parte della Camera (art. 70, c. 5, Cost.).
Dunque, si può dare luogo alla promulgazione della legge in tre casi: quando il Senato non intende procedere all’esame del testo; quando sia decorso il tempo utile per un suo intervento; quando la Camera si sia pronunciata in via definitiva.
Il terzo procedimento segna, infine, un regime di prevalenza della Camera rispetto al Senato in determinati casi relativi all’attuazione dell’art. 117, c. 4, della Costituzione. È disposto, in particolare, che ove il Senato deliberi a maggioranza assoluta la modifica di leggi in tale ambito, tali deliberazioni possono essere superate dalla Camera nel caso questa intervenga con la medesima maggioranza assoluta (art. 70, c. 4, Cost.).
Infine, a chiusura del complesso procedimento, è previsto che i presidenti delle Camere possano decidere, d’intesa, le eventuali ulteriori questioni di competenza sollevate secondo le norme dei rispettivi regolamenti parlamentari (art. 70, c. 6, Cost.).
In via esclusiva, infine, la Camera resta competente in ordine alle seguenti questioni: deliberazione dello stato di guerra, a maggioranza assoluta (art. 78 Cost.); approvazione delle leggi di amnistia e indulto, a maggioranza dei due terzi dei suoi componenti (art. 79 Cost.); autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali che abbiano un contenuto politico, ovvero prevedano arbitrati o regolamenti di tipo giudiziario, ovvero importino modifiche del territorio, oneri alle finanze pubbliche o modificazioni di leggi (art. 80 Cost.); l’autorizzazione a sottoporre il presidente del Consiglio dei ministri e i ministri alla giurisdizione ordinaria per reati commessi nell’esercizio delle funzioni (art. 96 Cost.).
Il titolare del potere di scioglimento della Camera è il presidente della Repubblica (art. 88 Cost.).

continua…

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