Riflessione dell’assistente unitario don Vittorio Rocca alla preghiera del Vespro

“Ecco io faccio nuove tutte le cose”.

Ma cos’è il “nuovo”? Oggi il nuovo non è altro che il più recente: il nuovo modello, il nuovo negozio, il nuovo locale, il nuovo gioco, il nuovo disco… ma chi cerca il nuovo nel più recente spesso si inganna.

Il nuovo non si oppone al “vecchio” (non è detto ad esempio che il nuovo parroco sia meglio del vecchio!); il nuovo si oppone al “sempre uguale”, ed è veramente nuovo non perché capita dopo, ma perché è più e meglio, in ragione della sua profondità.

Il “più recente” è già vecchio quando lo possiedo, mentre nuovo è ciò che si rinnova di continuo per una sua intrinseca forza: come gli anelli di un albero, che si formano a ogni ciclo di stagioni attorno al suo centro vitale.

“Vecchio” invece è ciò che non può più dare nulla di sé, perché esaurito. Una serata di Beethoven, un quadro di Caravaggio o una poesia di Leopardi sono più nuovi di una canzone sanremese (che dura il tempo del festival), perché danno sempre più di se stessi.

Il “nuovo” non deve essere quindi per forza diverso, ma può essere lo stesso senza diventare per questo “uguale”.

Quando un cuore innamorato dice ad un altro cuore “io ti amerò per sempre”, che pretesa avanza se non quella che riuscirà a trovare sempre il nuovo nella stessa persona, l’infinito nel finito? Dipenderà certo dalla capacità di rimanere, di pazientare, di giungere ad uno strato ulteriore di profondità propria e altrui.

“Fare nuove tutte le cose”.

Se ci crediamo davvero anche questa nostra cara “vecchietta” di 150 anni – l’AC! -, sarà perciò nuova.

Sarà ancora capace di stupirci, meravigliarci.

Sarà un amore sempre nuovo. Sarà un’amicizia che ci rinnoverà. Sarà un popolo nuovo di Acireale. Sarà nuova la vita.

Fidiamoci della novità di Colui che “fa nuove tutte le cose”!

Segreteria

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