Riflessioni sulla festa dei morti

Abbiamo appena celebrato il giorno dei morti e tutti, come vuole la tradizione e la pietà popolare, ci siamo recati nei cimiteri dove riposano i nostri cari defunti per deporre un fiore e pregare sulla loro tombe. E lo faremo ancora durante l’ottavario, per controllare l’acqua nei vasi, per sostituire i fiori secchi con quelli freschi, e chi possiede una cappella di famiglia farà anche le pulizie. Così abbiamo fatto anche io e mia sorella al cimitero di Acicatena, dove i miei nonni, mio padre e i miei zii riposano. E così pure al cimitero di Acireale, dove invece sono sepolti i miei suoceri e gli altri parenti di mio marito.

Molte riflessioni si possono fare su questo argomento. Il ricordo dei nostri cari che ci hanno lasciato ci accompagna sempre, ed è bello continuare a fare per loro piccoli gesti familiari e consueti come quello di tenere la loro “casa” pulita, ordinata e allietata dai fiori freschi. E’ un modo per sentirli ancora vicini anche se in un modo diverso. Col passare degli anni il dolore della perdita si attenua e rimangono ricordi di vita vissuta, nostalgia per gesti e parole non detti e non fatti e la certezza della vita futura nella gioia del Paradiso.

Ma vorrei insieme a voi ripensare alla nostra bellissima tradizione di festeggiare il giorno dei morti con i regali per i bambini. Sicuramente siamo in molti, soprattutto quelli che hanno qualche anno in più, a ricordarsi dell’attesa e della gioia per l’arrivo di questa festa. E che bellissima catechesi i nostri genitori ci facevano rispettando quella tradizione! Veramente si capiva cosa vuol dire comunione dei santi: tutti, in forza del Battesimo, viviamo la stessa vita in Gesù Cristo, quelli ancora in vita insieme a quelli che non sono più su questa terra.

Si cominciava qualche giorno prima con le domande discrete sui nostri desideri, che puntualmente venivano rivelati. Poi, nei giorni immediatamente precedenti, si andava al cimitero armati di scopa, stracci e secchi e si facevano le pulizie, mentre si rievocava la vita dei vari parenti. E’ così che io ho conosciuto i miei nonni e bisnonni, gli zii e le zie di mia madre e di mio padre: mi ricordo le loro foto, che venivano disposte nei punti strategici della cappella: il bisnonno coi favoriti secondo la moda dell’epoca, lo zio tenente medico, morto durante la prima guerra mondiale, lo zio prete, la zia Marietta, e  la mia nonna che sorrideva guardando l’obiettivo. Ma al posto d’onore c’era la mia cuginetta di quattro anni, coi boccoli biondi e il fiocco in testa, morta nel ’42 durante la guerra. Mia mamma e mia zia mi raccontavano episodi per farmeli conoscere e mi raccomandavano di pregare per loro e mi dicevano che dal cielo ci guardavano, conoscevano le nostre vite e i nostri desideri e pregavano per noi.

Io ci parlavo coi miei morti, li volevo bene e loro ne volevano a me. Scrivevo letterine non solo con l’elenco dei doni che volevo, ma per chiedere cose sulla loro vita, sul paradiso, su Gesù che loro vedevano e io no. E loro mi rispondevano ed era proprio la cuginetta che si faceva portavoce di tutti loro. E poi mi portavano i regali. Ma per tutti i bambini era la stessa cosa.

La sera di tutti i santi ogni bambino nel salotto di casa sua preparava il vassoio con le richieste e poi tutti insieme si recitava il rosario dei morti. Non sapevamo il latino, qualche parola veniva un po’ storpiata ma si vegliava e pregava con gioia. Poi si andava a letto, pensando che nella notte i morti sarebbero andati per negozi e bancarelle a cercare quello che serviva per esaudire i desideri dei piccoli. E a mattina del giorno dei morti i vassoi erano magicamente pieni, coi doni desiderati e anche con delle sorprese inaspettate e coi dolci tipici. E anche a casa degli altri parenti c’erano altri regali, e anche per gli amici più cari. Certo, se tua nonna conosce la tua amica, perché non dovrebbe portare un regalo anche a lei? E viceversa.

Poi si tornava al cimitero per ringraziare i morti e si faceva un ampio giro, per visitare altre cappelle e altre tombe, e mia mamma e mia zia ci facevano le presentazioni di ognuno, e così conoscevo molte persone che abitavano in quel cimitero.

Adesso molte cose del passato non si usano più e la tradizione dei regali dei morti è stata sostituita da altre tradizioni, più estranee alla nostra cultura. Ma al di là di feste e mascherate varie, di dolcetti e scherzetti innocenti, non possiamo dimenticare quello che la festa dei morti realmente significa per noi: un ponte, un passaggio tra la vita terrena e la vita eterna, dove ci ritroveremo in Cristo gesù dopo la risurrezione della carne come professiamo nel Credo.

Anna Maria Cutuli

Segreteria

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